I crediti di carbonio, o “carbon credits”, sono dei certificati, equivalenti alle tonnellate di CO2 non emesse o assorbite grazie a specifici progetti nazionali e internazionali di tutela ambientale e climatica, allo scopo di ridurre o assorbire le emissioni globali di CO2 e altri gas responsabili del riscaldamento climatico globale.
Le aziende, chiamate a compiere azioni per la riduzione delle proprie emissioni di CO2, ricorrono spesso anche all’acquisto di crediti di carbonio, integrando così le proprie misure volte alla sostenibilità e alla tutela ambientale e compensando volontariamente le emissioni serra aziendali che non è stato possibile ridurre a monte.
Il credito di carbonio, generato al termine di un progetto, deve essere certificato da un Ente di terza parte – come, ad esempio, Gold Standard, VCS (Verra) e CDM (Clean Development Mechanism). Una volta acquistato, può essere scambiato e successivamente annullato su un registro pubblico, per compensare l’emissione di anidride carbonica equivalente.
Le aziende possono poi rendicontare lo scambio di crediti di carbonio e utilizzare la label di carbon neutrality sui propri prodotti e servizi. E’ possibile anche certificare questo percorso tramite l’utilizzo dello standard ISO 14068-1, a garanzia delle asserzioni aziendali di carbon neutrality e a ulteriore tutela da rischi di greenwashing.
Ma come è possibile realizzare i ‘crediti di carbonio’?
I progetti che creano crediti di carbonio sono di molte tipologie, classificabili in modo diverso a seconda, per esempio, che siano progetti di “Carbon Reduction” ovvero in grado di ridurre o prevenire emissioni di CO2 oppure di “Carbon Removal”, indicati con l’acronimo CDR (Carbon Dioxide Removal). Questi ultimi, secondo la loro definizione (IPCC WG3 TS), sono “attività antropogeniche che rimuovono la CO2 dall’atmosfera e la immagazzinano in modo duraturo in serbatoi geologici, terrestri o oceanici, oppure in prodotti”.
Ad oggi per le aziende, al fine della ‘neutralità zero’ o ‘emissioni zero’, i crediti di carbonio raggiunti con queste due tipologie di sistemi sono del tutto equivalenti, ma si stima che i progetti di Carbon Removal saranno sempre più richiesti.
E questo perché, per raggiungere i target internazionali di zero emissioni nette ed evitare il riscaldamento globale di 1,5 -2°C, la sola riduzione della CO2 non basta ed è quindi necessario ricorrere alla sua rimozione.
Le tecniche di rimozione dell’anidride carbonica sono molteplici e possono essere di tipo
– NBS (Nature Based Solutions), cioè in grado di accelerare e mantenere la crescita di serbatoi naturali di Carbonio che costantemente tolgono CO2 dall’atmosfera (es. piante, rocce e oceani) oppure
– TBS (Technology Based Solution), cioè progetti basati su metodi ingegneristici. Esempi sono i DACCS (Direct Air Capture with Carbon Storage) che filtrano direttamente l’aria, ne estraggono l’anidride carbonica, usando materiali assorbenti liquidi o solidi, e la stoccano in modo permanente, e i BECCS (BioEnergy with Carbon Capture and Storage), che catturano la CO2 assorbita da bio-masse di scarto, stoccandola in serbatoi geologici.
Ad oggi le tecniche ingegneristiche, anche se molto promettenti ed efficaci soprattutto nel lungo periodo, sono ancora oggetto di studio perché molto costose e prive di strutture per il trasporto e lo stoccaggio della CO2.
Si ricorre quindi ai metodi ‘nature-based’, come la riforestazione, il rimboschimento o l’impiego di bio-char. Questi si basano sulla protezione, il ripristino e la gestione sostenibile degli ecosistemi, offrendo allo stesso tempo anche numerosi vantaggi importanti per le persone e la natura.
Si sente parlare sempre più spesso dell’affascinante tecnica di cattura di CO2 che sfrutta gli oceani, riserva enorme di carbonio marino.
Sono molte le start-up che lavorano in questo ambito, utilizzando una varietà di tecnologie diverse, tra cui le promettenti sono il miglioramento dell’alcalinità dell’oceano (OAE), la cattura diretta di CO2 dell’oceano (DOC) e l’affondamento delle alghe.
Queste tecnologie sono ancora in fase di ricerca e non sono incluse nelle strategie climatiche governative. Studi di settore prevedono che saranno gli investimenti privati ad essere vitali affinché questa tecnologia, così come molte altre di tipo ingegneristico, maturi, e questo può avvenire sotto forma di acquisti di crediti per la rimozione del carbonio, sul mercato volontario del carbonio, oggi in forte crescita nonostante sia oggetto di molte criticità.